epentesi

come my unseen, my unknown, let us talk together


A Tarik, sul razzismo

Piccolo Tarik,

quando avrai tanti anni da poter comprendere questi fatti, spero avrai il buon senso di farti una risata dopo una prima (e giustissima) reazione di rabbia. Ridere e sorridere, sebbene in vita mia finora ne abbia provato poco, è la risposta che secondo me vale la pena anteporre di fronte a scempiaggini di questo tipo dei politicanti. Magari ai tuoi tempi le istituzioni (e quindi le persone) saranno migliori di così, e questo lo spero bene per te e per i tuoi fratelli e sorelle di ogni angolo del globo (oggi è bel tempo e la temperatura è ben calda, quindi sento qualche sprazzo di ottimismo). Magari quando sarai civicamente maturo per fare scelte politiche anche la politica sarà più matura di costoro, che vengono pagati troppo per parlare a vanvera. Ma dopo il riso di scherno misto a compassione verso l’ignoranza, spero che tu prenda coraggio e dimostri a chiunque suggerisca il contrario che la ‘razza’ è un’allucinata stupidaggine allucinante su cui basare le proprie emozioni, una parola che va imparata per gettarla nei rifiuti organici della mente – e così poi possa servire da concime per far crescere qualcos’altro di bello. In fondo quello che solamente importa è la tua bontà d’animo che già oggi dimostri a chiunque ti conosca, familiare o sconosciuto che sia.

Come si diceva qualche anno fa, il razzismo è una brutta storia. Ci sono gruppi di persone che si uniscono sotto la scusa di una pura coincidenza come il colore della pelle e che permettono a se stesse di rinchiudersi nelle scatole degli stereotipi – una parola terribile, semplice come un triangolo disegnato su carta, ma allo stesso tempo talmente complessa da spiegare – perché non provano la stessa felicità e curiosità che tu, ancora piccolino e già così saggio, metti nel conoscere il mondo, ossia la persona che ti sta davanti.

Il tuo nome ti consegna alla storia, piccolo Tarik. Forse tua madre te l’ha già spiegato che LeTarik tradotto dall’amharico in italiano significa ‘per la storia’. Immagino che il tuo nome te l’hanno assegnato quasi per caso in uno dei tanti orfanotrofi per cui sei passato; d’altra parte eri un bimbo come un altro, in un lettino come un altro, in un territorio non proprio come un altro: la terra su cui sei nato è quell’Etiopia che gente italiana come te, tanti tanti anni prima che tu nascessi, andò a conquistare e sfruttare a causa della stessa stupidaggine allucinata che oggi viene continuata da tante povere bocche. Eri povero di cibo e cose quando nascesti, proprio come quel personaggio delle favole che chiamano Gesù, ma queste persone di tanti anni fa e di oggi erano e sono infinitamente più povere di te, perché la loro povertà riguarda quello che hanno dentro, lo spirito, il carattere, l’anima, chiamala come vuoi, tanto ci siamo capiti.

La tua, al contrario, è un’anima ricchissima, splendida, luminosa, variopinta, di mille colori: è fatta proprio di quell’amore incondizionato che metti nei giochi che fai, nell’affetto che dai a chi ti vuole bene, ai sorrisi che doni a chi non ti conosce. I mille colori della tua gentilezza spero tu non li perda mai, perché sono l’unico modo che avrai per conquistare le povere anime il cui unico pensiero è il colore della pelle, o qualsiasi altra apparenza. Con i tuoi mille colori potrai costruire non una storia sola, ma tante, tantissime storie con tante, tantissimi spiriti come il tuo, perché donando i tuoi colori alle povere anime a colore unico, essi si trasformeranno in spiriti generosi come il tuo.



3 risposte a “A Tarik, sul razzismo”

  1. Tarik è un bimbo fortunato ad avere uno zio come te 🙂

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    1. sono io quello fortunato! 🙂

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